Il BASE jump al Monte Brento sul Lago di Garda

Angela Trawoeger
Ideatrice, fotografa e content manager
A Maggio ho fotografato Maurizio di Palma in tutte le fasi di un salto BASE per la rivista “Riders” che gli ha dedicato un articolo nel numero di giugno.
Ero mal disposta e agitata all’idea di dover entrare nel suo mondo, anche solo per fotografarlo. Le cose che non conosci e che ti spaventano, spesso ti fanno arrivare a conclusioni affrettate.
Maurizio di Palma, per tutti Maury, è uno tra i pochi BASE Jumper con un numero così elevato di salti e oggetti.
Sì, perché BASE è un acronimo e sta per Buildings, Antennas, Span ed Earth che sono gli oggetti, le basi fisse, dalle quali saltano.
Maury si è lanciato dal Duomo di Milano, dalla Torre di Pisa, della Torre Eiffel, dal Colosseo, dalle Angel Falls, dal Campanil Basso, da El Capitan. Oggi ha 37 anni, ha fatto quasi 4000 lanci da oltre 400 posti diversi.
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Dal 2014 ha aperto una scuola e insegna ai paracadutisti a diventare BASE Jumper.
Maury a Sean Chuma sono gli unici al mondo a fare salti BASE in biposto.

Ciao Maury. Da Pavia come sei arrivato al Lago di Garda?
Sono venuto al Garda per la prima volta nel 2000 per assistere a dei salti di BASE jump; allora c’erano solo due o tre praticanti.
Dopo otto anni di continui viaggi nei week end ho deciso di cambiare vita e da sette anni vivo sul Garda.
Come sei arrivato a fare BASE?
Grazie a mio papà che era appassionato del volo in generale, nel 1996 ho iniziato a fare paracadutismo sportivo.
Mi sono arruolato nell’esercito come paracadutista perché volevo fare di questo sport una professione ma nell’esercito era molto differente.
Un giorno un mio amico mi ha mostrato un video, c’erano dei norvegesi che si lanciavano col paracadute da una BASE fissa e sono rimasto affascinato: dovevo provare.
Allora non c’era tutta l’informazione di adesso, non si poteva chiedere o affidarsi all’esperienza di qualcuno, era talmente di nicchia che ho fatto tutto da solo.
Avrei pagato oro per avere assistenza.
Sono venuto al Brento perché c’era un meeting di quei pochi che lo praticavano, ho preso i primi contatti, ho raccolto informazioni e dopo 9 mesi ho fatto il mio primo salto, da solo, da un ponte. Mi sono buttato in questa avventura e non ho mai più smesso.
Avevo scoperto un’antenna di 100 metri vicino a casa e andavo a lanciarmi tutti i giorni, è stata un’ottima palestra.
Nel week end venivo sul Garda o andavo in giro per l’Europa, ho fatto parecchia esperienza, non mi sono mai fatto male e sono arrivato ad oggi a farla diventare la mia professione.
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Com’è la scena al Monte Brento?
Il Monte Brento si trova nella Valla del Sarca, vicino a Dro, è una delle montagne più famose al mondo per il BASE jump; chiunque faccia BASE prima o poi passa di qua.
Per arrivare all’Exit del Brento si cammina 20 minuti e si salta con 1200 metri di sviluppo di quota, che è tantissimo.
C’è uno strapiombo di 400 metri con una parte rientrante nel punto massimo di circa 90 metri, ottimo per i principianti.
L’atterraggio è immenso, con tante alternative in caso di problemi. Di fronte all’atterraggio c’è una zona per piegare il paracadute e un bar che da supporto logistico.
Da marzo a novembre, tutti i giorni, ci sono nel campo almeno 20 o 30 BASE jumper.

L’Half Dome nello Yosemite ha caratteristiche simili al Monte Brento ma se ti beccano anche solo con il paracadute, ti danno la multa, ti mettono in cella finché non arriva il giudice a farti il processino, ti ritirano il visto e non ti fanno più entrare negli States per 10 anni.
Saltare del Monte Brento non è illegale, non è neanche legale, diciamo che è tollerato.
Quanto incidono i venti del Garda nei vostri lanci?
Sul Garda abbiamo due venti principali: il Pelèr e l’Ora.
La mattina il Pelèr non ci disturba e possiamo saltare due o tre volte. Quando il vento gira ed entra l’Ora da sud, abbiamo ancora una mezzora di tempo per saltare poi il vento diventa troppo forte perché supera l’efficenza, cioè la velocità d’avanzamento della nostra vela e non possiamo più saltare.
Al calar del sole la valle si raffredda, cala il vento e riusciamo a fare un altro salto. In inverno invece si salta tutto il giorno.
La tua giornata tipo sul Lago di Garda?
Sono sempre immerso in questa attività, io salto tutti i giorni se il meteo me lo permette.
Se non ho allievi da seguire dove salto con loro, parto presto la mattina, cammino su per i sentieri per fare il mio salto d’allenamento, con o senza tuta.
La tua vita, il tuo quotidiano gira attorno a questo. È uno sport o uno stile di vita?
Per molti è un hobby, uno sport del week end ma per me è sempre stato più di un hobby e da due anni è diventata la mia professione.
È uno stile di vita, è la mia vita.

Perché è così di nicchia?
Per fare BASE bisogna essere un esperto paracadutista e avere fatto almeno 200 lanci.
Già il paracadutismo è di nicchia, saranno 4000 in Italia.
Bisogna diventare esperti di uno sport di nicchia per andare a farne un altro ancora più di nicchia.
Ci vuole grande motivazione e dedizione, tempo e denaro.
Il BASE Jump è uno sport per pochi.
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Cambia la sensazione nel lanciarsi da un palazzo, in mezzo a una città, o in montagna in mezzo alla natura?
Questo è proprio il motivo per cui non ci stanca a fare BASE.
Ogni salto può essere un salto diverso: puoi saltare da un grattacielo in centro a New York o da montagne sperdute in mezzo alla giungla, o da un’antenna in mezzo al deserto.
Ogni salto è un progetto nuovo, un’emozione nuova e come dice Phil Smith: “All the world is jumpable.”

Il lancio che ti è piaciuto di più?
I salti di routine e di allenamento sono simili e non me li ricordo tutti ma i posti dove salto hanno tutti una storia.
Il più particolare è in una cattedrale a Bruxelles, un salto indoor di 45 metri, dalla navata centrale, di notte. Credo sia stato il posto più strano dove mi sono trovato con un paracadute.
Qual’è il momento più bello?
In un salto ci sono tantissime fasi belle. C’è la pianificazione e la gratificazione di essere riuscito ad arrivare all’exit, c’è il picco massimo di quando hai staccato i piedi, l’adrenalina e la scarica di endorfine durante il volo, l’atterraggio e la realizzazione di un’impresa personale.
Poi arriva la quiete e un attimo dopo ricomincio tutto da capo perché ho in mente un nuovo obiettivo.
È vero che c’è il lancio, ma prima devi raggiungere l’exit point.
Ogni salto ha la sua storia e senza il percorso non c’è il salto.
Quando siamo andati alle Angel Falls abbiamo fatto 62 km a piedi, in 4 giorni, nella giungla per fare un salto che dura 15 secondi. Il percorso fa parte del salto: fai trekking, conosci gente nuova, posti nuovi e concludi con il salto, l’orgasmo finale.
Ci sono posti dove devi saper arrampicare, io non mi definisco un arrampicatore e ogni volta che ne ho avuto bisogno mi sono fatto accompagnare da chi ha doti alpinistiche come nel caso del Campanile Basso; non è un arrampicata super tecnica ma non è neanche per tutti. Sono andato con un caro amico che mi ha aiutato a raggiungere questo obiettivo.
Nei salti “urbani” invece devi scoprire come fare by passando tutto quello si mette fra te e il tuo obiettivo: porte chiuse, guardie, divieti… poi ci sono degli aspetti legali.
È legale?
Ogni stato ha le sue leggi, scritte e non scritte.
In Italia, in montagna è tollerato, se non si salta da un parco o in una proprietà privata. Il BASE non è regolamentato quindi puoi saltare.
Se ti lanci da cose costruite dall’uomo invece la storia cambia, non puoi andare sul traliccio dell’Enel e lanciarti.
In Italia non infrangi delle leggi specifiche sul BASE, ma violi delle leggi correlate al fatto che per arrivare sul punto di uscita magari violi una proprietà privata.
Con o senza tuta alare, cosa cambia?
La tuta ha fatto fare la svolta al BASE moderno.
Il 60-70% dei praticanti del BASE moderno usano la tuta alare.
La tuta alare nasce per essere impiegata nel paracadutismo ma trova nel BASE la sua massima espressione. La tuta ha un’efficenza media di 1 a 3, vuol dire che ogni metro di quota che perdo ne faccio tre in orizzontale, in avanti.
Praticamente su un salto di un chilometro riesco a spostarmi di tre chilometri; senza motore e sfruttando la forza di gravità con due alette in mezzo alle gambe e alla braccia è tanta roba.

Parliamo di controllo o adrenalina?
Quello che passa all’esterno è la scarica di adrenalina fine a se stessa ma è quanto di più sbagliato ci sia. Quella la trovi sui giochi di Gardaland.
Il BASE jump è ricerca, è voglia di mettersi in gioco, è una sfida con se stessi e non con gli altri. Io non gioco alla roulette russa.
Fatto uno salto ne cerco un altro, ma non ha a che fare con il spostare l’asticella o vedere dove si può spingere la natura umana, io non faccio quello. Io raggiungo i miei obiettivi, nei miei limiti, divertendomi, mettendo la massima attenzione nella sicurezza. Sarà per questo che non mi sono mai fatto niente.
Se rispetti il BASE, il BASE rispetterà te.
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Ci vuole equilibrio e controllo, quindi, perché la posta in gioco è alta.
Il BASE è uno sport potenzialmente pericoloso ma è potenzialmente pericoloso anche andare in macchina. Solo che guidiamo tutti i giorni con la massima tranquillità e in leggerezza, coi battiti cardiaci normali, perché è una cosa sdoganata.
Certo, per il BASE bisogna essere portati, bisogna saper gestire situazioni potenzialmente pericolose ad alte velocità.
L’adrenalina c’è sempre e ti gratifica ma ci vuole controllo: se hai la testa annebbiata che si focalizza solo sulle emozioni allora diventa pericoloso.
Bisogna saper gestire le emozioni e fare bene tutto quello che va fatto: pensi mentre agisci e agisci mentre pensi. Si gioca tutto in pochi secondi e non si può sbagliare.
Allora non sei un pazzo incosciente che non ha rispetto per la vita!
Nel BASE non servono gli attributi, serve la testa e servono le conoscenze, non c’è improvvisazione.
Il BASE jumper è una persona completa che deve conoscere tanto di se stesso e dell’ambiente che lo circonda. Io mi conosco e so quali sono i miei limiti.
So che non è facile fare arrivare questo messaggio, solitamente questa è la reazione prima di chi non conosce questo sport, lo comprendo e lo rispetto ma è sbagliata.
Io celebro la vita tutti i giorni perché la vivo al massimo facendo quello che mi fa stare bene.